venerdì, 19 ottobre 2012
Non poche aziende italiane nella loro
vita (e morte) hanno seguito nella loro gestione un cammino comune
che li ha portati ad attraversare quattro fasi.
La prima, quella della nascita, in cui
dei TECNICI, vale a dire persone che conoscevano bene il
prodotto che avevano essi stessi progettato, hanno dato inizio e
portato al successo l'azienda, grazie alla loro competenza ed anche
alla dedizione al “figlio” che avevano allevato.
Il successo della piccola-media
industria in Italia è dovuto a questo tipo di gestione, più che
alle dimensioni che rendono difficile oggi la competizione sul
mercato.
Nella seconda fase, vuoi per
l'abbandono dei titolari o perché il successo ha ingrandito
fortemente l'azienda rendendone eccessivamente complessa la gestione,
questa passa ai MANAGER, persone che si assumono il compito di
gestire l'azienda e non possiedono per lo più conoscenze tecniche.
L'obiettivo primario del manager è
focalizzato al proprio interesse, anziché all'azienda, e,
soprattutto se nel frattempo questa si è trasformata in società per
azioni, la mancanza di una reale forma di controllo nei confronti dei
manager la rende indifesa di fronte alla predazione.
Se per un qualsiasi motivo, crisi del
mercato o incapacità del manager, l'azienda entra in crisi, vale a
dire che non riesce a vendere i suoi prodotti, inizia la terza fase e
l'azienda viene affidata al VENDITORE. Ancor
più del manager il venditore, da sempre motivato tramite premi, ha
il danaro per sé stesso in cima ai propri valori e, dato che è
sempre stato misurato sul fatturato, gestisce nello stesso modo
l'azienda.
Così avviene di tutto: vendite in perdita anziché in attivo,
vendita di prodotti con termini di consegna e prestazioni
irrealistiche, quando non si ricorre a trucchi come fatturazioni a
dicembre disdette a gennaio. E così in breve l'azienda si ritrova di
fatto fallita.
Inizia
così la quarta ed ultima fase dell'azienda che viene affidata ad un
FINANZIARIO, a
volte imposto dalla banca che ha concesso il prestito, a volte il
direttore amministrativo, e l'azienda viene salvata dalla bancarotta.
La ricetta è quasi sempre la stessa: vendita delle partecipazioni,
concentrazione sul “core business”e, soprattutto, una drastica
riduzione del personale. Molto spesso queste misure finiscono per
uccidere il futuro.
A questo punto l'azienda è di fatto proprietà della banca e lavora
per pagarle gli interessi sul debito, sapendo che non riuscirà mai
ad estinguerlo, .
E così il finanziario continua a gestire l'azienda al servizio della
banca e, poiché spesso non ha nessuna conoscenza del prodotto, del
mercato, di come si gestisce un'azienda, il tutto si risolve nel
prolungamento dell'agonia.
Inoltre, tutto questo genera fenomeni viziosi: i tecnici sono portati
al disprezzo dei gestori per la loro incompetenza e questi si
circondano di “fedeli” anziché di competenti. Purtroppo nessuno
è più portato alla fedeltà come gli incapaci.
Quanto è successo a queste aziende succede anche nella politica
italiana: finito il periodo dei tecnici (direi che l'ultimo è stato
Berlinguer) è iniziato quello dei manager, i Craxi, dopo di che sono
arrivati i venditori, il cui massimo esponente è stato Berlusconi ed
oggi, con Monti, siamo all'ultima fase che, se non viene interrotta,
ci porterà alla rovina.
Certo, se ci si guarda intorno, non si vedono serie alternative: il
MoVimento 5 stelle ha tradito la sua missione e si ritrova oggi ad
essere un diabolico incrocio di venditori e di finanzieri: quando
Pizzarotti è arrivato a Parma si è visto che aveva venduto tutta
una serie di “prodotti” irrealizzabili.
Il programma del MoVimento
poi, è analogo a quello che Monti sta realizzando: ridurre i costi
della politica per poter così pagare gli interessi alle banche e
lasciare la politica ai ricchi. Con l'aggiunta del mito della
tecnologia, di mussoliniana memoria, vale a dire della “rete” che
nel 2020 si prevede contribuirà all'inquinamento più dei trasporti.
Finora i giovani invecchiati sono stati sostituiti da giovani
rampanti che sono poi diventati giovani invecchiati: e se stavolta invece...
di Penta
Fonte: L'anticasta