lunedì 10 settembre 2012

I proprietari del Movimento (Note sul finanziamento pubblico all'editoria e su Casaleggio)

I proprietari del movimento
di CURZIO MALTESE

"Uno vale uno". Milioni di italiani si sono rivolti al movimento Cinque Stelle per questo slogan, perché da anni trovano chiuse le porte dei vecchi partiti, occupati da irremovibili burocrazie. Beppe Grillo prometteva e ancora promette democrazia dal basso, candidati presi dalla strada, valutati sulla base delle competenze e sottoposti al consenso della base, nella fedeltà assoluta al principio sacro: "uno vale uno".

Si tratta in gran parte di discorsi già sentiti da tutti i partiti padronali che hanno affollato la scena degli ultimi vent'anni all'insegna della politica delle "facce nuove", dalla Lega in poi. Ma tale deve essere la disperazione dei cittadini di fronte all'incapacità del sistema politico di cambiare, che anche stavolta hanno voluto crederci in massa. Man mano che il movimento di Grillo è cresciuto nei sondaggi e nei consensi reali, i comportamenti reali del capo e del suo alter ego, Gianroberto Casaleggio, cominciavano a contraddire i principi. 

"Uno vale uno", ma il marchio del partito è registrato commercialmente a nome di Grillo Giuseppe, "titolare di ogni diritto". 
"Uno vale uno", ma se un esponente di spicco e della prima ora, come Tavolazzi, pretende di discutere l'assetto proprietario dei Cinque Stelle, può venire espulso da un'ora all'altra dal padrone, che lo comunica alla sottostante base in un post scriptum di due righe e "non" segue dibattito. 
"Uno vale uno" e contano soltanto i voti dei cittadini, ma se il candidato Cinque Stelle più votato, Giovanni Favia, si lascia sfuggire giudizi pesanti sull'intoccabile Casaleggio e denuncia l'assenza totale di democrazia interna, diventa ipso facto un traditore, un venduto, un porco in combutta coi vecchi partiti, soprattutto col Pd, come scrive oggi il sito di Grillo. 

Specificando per la prima volta che il principio "uno vale uno" è stato "completamente travisato" e "non significa l'anarchia". Involontaria citazione da Orwell. "Tutti gli animali sono uguali. Ma alcuni sono più uguali degli altri".

Davanti a queste contraddizioni, i simpatizzanti di Grillo si dividono in due categorie. I fideisti assoluti e coloro che coltivano un ragionevole dubbio. Per i primi è inutile scrivere. Qualsiasi contraddizione del loro capo è da attribuire a un complotto contro di lui da parte della partitocrazia e dei suoi servi giornalisti. Grillo può dire e contraddire, lanciare o meno pogrom contro gli immigrati, assolvere la mafia dai peccati, inventarsi che la bomba di Brindisi era un attentato contro di lui, pagare o non pagare le tasse e giustificare gli evasori, aderire ai condoni di Berlusconi, inquinare con la sua barca mezzo golfo ligure, triplicare il reddito da quando fa politica, espellere un dissidente al giorno. Può denunciare il giornalismo al servizio dei partiti e poi pagare spazi televisivi e usare tirapiedi giornalistici a frotte.


Oggi ce ne sono due sul sito, l'autore della scomunica a Favia, che scrive sotto evidente dettatura dei suoi capi politici Grillo e Casaleggio, dunque un portaborse, e un altro che denuncia i finanziamenti pubblici ai giornali (tema sul quale sono d'accordo) 

[Toh!...ma guarda un pò. 

Su questo Maltese è d'accordo con Grillo, proprio come il padrone di Repubblica, De Benedetti, il quotidiano dove viene pubblicato quest'articolo.

Che alla fine questo continuo dare addosso di Grillo a De Benedetti sia solo un problema di vecchie rivalità che si tramandano dai tempi del sodalizio imprenditoriale e finanziario Casaleggio-Colaninno?

Perchè poi, a quanto pare, sul rendere la stampa totalmente asservita alla grande imprenditoria sono completamente d'accordo. (Questo sarebbe il risultato della totale eliminazione del finanziamento pubblico invece del cambiare le regole d'assegnazione dei fondi)], 

ma dimentica il più finanziato di tutti (l'Unità), dove guarda caso lui scrive. 

[Questa argomentazione non è assolutamente corretta.

Nicola Biondo denuncia si, i finanziamenti pubblici, ma lo fa in un determinato contesto e non chiedendone la cancellazione.

Sicuramente Nicola Biondo, il giornalista precario, crede di usare il blog di Beppe Grillo come megafono per dire che i finanziamenti pubblici dovrebbero essere usati in altro modo, cioè per retribuire i giornalisti e quindi difendere la loro libertà d'espressione, mentre invece i soldi vengono dirottati su altre persone all'interno delle società che pubblicano un quotidiano o una rivista. 

Grillo e Casaleggio invece usano questi giornalisti precari per la loro propaganda mirante alla totale cancellazione dei fondi pubblici in accordo con i grandi imprenditori che hanno messo le mani sulla stampa e i media (come un De Benedetti, ma anche come la ChiareLettere, azionista del Fatto Quotidiano che si è sempre dichiarato contro i finanziamenti pubblici) e che vedono di malocchio la possibilità potenziale dell'esistenza di un'informazione contraria ai loro interessi e  finanziata con i soldi pubblici.

Migliorerebbe qualcosa per i giornalisti precari se si eliminasse il finanziamento pubblico alla stampa? No.
Cambierebbe qualcosa per le retribuzioni dei grandi manager, direttori, capiredattori, amministratori delegati, se si eliminasse il finanziamento pubblico alla stampa? 
Neanche.

Fa comunque piacere vedere come su Repubblica, giornale di De Benedetti, cosidetto "tessera numero uno del PD" (benchè mai stato iscritto al PD), il giornalista Curzio Maltese prenda la palla al balzo proprio per attaccare l'Unità, quotidiano del PD, esattamente come sempre fatto da Beppe Grillo.

Evidentemente De Benedetti è meno legato al PD di quanto si dica su alcuni media e sulla rete].

I fideisti sono d'accordo, a prescindere. Come i leghisti e i berluscones di ferro. Chi contesta è un venduto. 

L'altro giorno ne ha fatto le spese lo stesso Grillo, che per gioco aveva pubblicato su Facebook una finta prima pagina del Corriere con le accuse più assurde di finti compagni di classe sotto un titolo gigantesco: "Citofonava e scappava!". Ebbene, la maggior parte delle reazioni dei grillini era di questo tenore: "Giornalisti porci, che cosa non farebbero per le sovvenzioni!". "Vergogna, venduti!", "Lo facevo anch'io da ragazzo, sarebbe una ragione per screditare Grillo?", "Beppe, resisti!" e così via. È curioso come un movimento fondato da un comico raccolga tanti sostenitori del tutto privi di senso dell'umorismo.



Esiste poi, per fortuna, una maggioranza di potenziali elettori dei Cinque Stelle composto da cittadini dotati della facoltà del dubbio, che meritano una risposta seria e non un post affidato a un sicario. Anzi, molte risposte. Per esempio. Chi e con quali criteri deciderà le candidature al Parlamento del movimento? Qual è il reale ruolo della Casaleggio associati e a quale titolo? Non sarebbe il caso di restituire la proprietà del marchio ai militanti, invece di lasciarlo depositato alla Camera di commercio come fosse il brand delle odiate multinazionali? Non eravate contro il copyright, come i Piraten tedeschi? Perché sul logo deve per forza figurare il nome di un padrone, per giunta neppure candidato? Perché Grillo e Casaleggio non rispondono mai nel merito delle accuse sulla mancanza di democrazia interna, non si dice alla stampa sporca e cattiva, ma neppure ai propri militanti (Tavolazzi, Favia) o ad autorevoli esponenti del parlamento europeo? Per evitare equivoci, si tratta di domande molto meno gravi di quelle che abbiamo rivolto per anni ad altri leader, da Berlusconi a Bossi, da Bersani a Di Pietro o a Vendola, per la verità quasi sempre senza successo. Ma Grillo, che proclama di essere così diverso da loro, senz'altro ci risponderà. O no? Intanto dovrebbe almeno rispondere alla domanda lanciata sulla rete da Giovanni Favia. La stessa che prima o poi tutti i leader di partiti padronali si sentono rivolgere dai dissidenti: "Che fai, mi cacci?".

(09 settembre 2012)

Fonte: Repubblica.it

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Bersani, messaggio a Grillo


Bersani parla di Grillo e della recente guerra nel Movimento 5 Stelle (pur senza citarlo mai): "Basta con i pifferai magici, non esiste la democrazia reale e quella in rete. Facciano anche loro le primarie, coinvolgano anche loro i cittadini"
di Rosario di Raimondo

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Chioma riccia, occhiali tondi, genio del web
Casaleggio, l'eminenza grigia del Movimento

Incontrò Grillo nel 2004, da allora non l'ha più lasciato. Così l'amico, consulente e consigliere del comico, l'uomo ombra dei 5 stelle, ha creato una forza politica. Mentre su di lui circolano le teorie più estreme

di MICHELE SMARGIASSI

Come il capo della Spectre nelle storie di Ian Fleming, il temutissimo, imperscrutabile uomo-ombra della politica italiana fa sapere di sé che ama carezzare le sue due gatte persiane, quando torna nella sua casa tra i boschi di Quincinetto, sopra Ivrea. Ma Gianroberto Casaleggio non è più così imperscrutabile: tre
mesi fa, forse spinto dall’entusiasmo per le travolgenti avanzate elettorali del MoVimento 5 Stelle, con una lettera al Corriere ha scelto di rivendicare per intero il suo ruolo: "Non sono mai stato dietro a Beppe Grillo, ma al suo fianco. Sono cofondatore di questo movimento".


Fino a quel momento, di Casaleggio si parlava come del "guru di Grillo", il geniale consulente di strategie Web, l’uomo che aveva convinto il comico genovese a smettere di sfasciare i computer sul  palcoscenico per usarli come arma letale della grande guerra al potere dei "morti viventi", aprendogli il blog che secondo la rivista Forbes è uno dei dieci più influenti del mondo. Ci si chiedeva se Grillo pagasse i servigi della Casaleggio Associati, azienda milanese di punta nella gestione dell’e-business, e quanto, visto che per gestire il suo sito Internet pare che Di Pietro gli versasse 700 mila euro l’anno.


Bene, il dubbio non c’è più. Di Grillo, incontrato nel 2004 e mai più lasciato, Casaleggio è sicuramente consulente, consigliere, amico, editore, co-autore di libri, verosimile ghost-writer, ma anche molto di più. Ha contributo a scrivere il “Non Statuto” del MoVimento, ha steso le regole per la selezione delle candidature,
ha gestito raccolte di firme, ha organizzato il V-Day, tutte cose che non rientrano nel catalogo di un fornitore di servizi informatici, ma sono pienamente politiche. Casaleggio è a tutti gli effetti uno dei due leader di un movimento politico accreditato di consensi che avrebbero fatto invidia a molti protagonisti della politica
italiana del passato. 

Ma la maggioranza dei simpatizzanti del MoVimento Cinquestelle hanno familiarizzato col suo nome solo da pochi mesi, e tuttora sanno ben poco di quest’uomo che per un grillino della prim’ora come Giovanni Faviaè "spietato e vendicativo", "decide tutto", "è la vera mente" e ha sequestrato la democrazia interna. A vederlo, chi lo direbbe. Chioma riccia, occhialetti tondi, sembra lo zio di Donovan il folksinger, più cravatta yuppie e completo grigio. Viene dall’arcipelago Telecom, dove diresse a lungo una società controllata, la Webegg, prima di mettersi in proprio nel 2004 con l’azienda che porta il suo nome. Ma il brillante curriculum non dice tutto. 


Casaleggio ha il profilo del pensatore visionario. Adora Gengis Khan, che per lui è il progenitore del Web perché spediva i suoi velocissimi cavalieri mongoli a cercare notizie ovunque. Disegna scenari orwelliani: nel
video Gaia profetizza una terza guerra mondiale vinta nel 2040 dall'Occidente della Web-democracy sull’Oriente del Potere. Ma sa anche maneggiare con abilità le leve di Internet, sulla scorta del suo ispiratore Paul Gillin studia la teoria degli influencer, ossia come manovrare quel 10% di navigatori consapevoli che impone le proprie opinioni al restante 90%. Queste cose le spiega ai giovani quadri del MoVimento, convocati a Milano per brevi corsi (vietate telecamere e registratori) dove i suoi uomini insegnano a gestire un blog, a governare un forum, dove si disegna il profilo del candidato vincente, che "deve possedere più soft skills che hard skills", più attitudini che competenze, saper "smanettare sulla Rete", saper "parlare in pubblico" e mostrare "una faccia pulita, perché è bello identificarsi in un candidato giovane".

Sugli intenti di Casaleggio, in Rete girano le teorie più estreme, dall’esoterismo ai complotti internazionali contro l’Euro, ma lui se ne fa beffe: "Mi hanno attribuito legami coi poteri forti, dalla massoneria alla Goldman Sachs con cui non ho mai avuto alcun rapporto, dietro Casaleggio c’è solo Casaleggio". In realtà,
a spaventare quelli come Favia non sono neppure cose più prosaiche come la sua abilissima gestione del consenso sul blog, il suo potere sulle candidature e di scomunica dei dissenzienti. A torto o a ragione, le giovani leve del MoVimento temono di essere usati come materiale per un esperimento mediologico delle
dimensioni di un intero sistema politico: "Siamo delle cavie in vitro", si lasciò scappare uno di loro in una discussione riservata che Grillo, o forse Casaleggio, scoprì e mise subito alla gogna sul blog.

"Grillo è un istintivo, non sarebbe in grado di pianificare una cosa del genere", lo giustifica ancora il ribelle Favia. È il mito dello Zar buono mal consigliato da Rasputin: un gioco delle parti che può perfino far comodo a entrambi. La strategia verso il discolo emiliano sembra già decisa: niente scomuniche dal blog contro Favia, niente PS, “puoi sparire”: non gli si regalerà la medaglia della vittima, sarà lui a doversi dimettere, o a umiliarsi nell’autodafé. La diarchia a 5 Stelle è meno precaria di quanto ai frondisti del MoVimento piacerebbe, è una formazione da battaglia che non si romperà facilmente: "Siamo in guerra e la vinceremo",
hanno scritto nel loro libro a quattro mani, "la Rete è dalla nostra parte". Web mit uns.

(08 settembre 2012)

Fonte: Repubblica.it

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Guru

di Carlo Galli

(voce indostana la cui radice è collegabile al latinogravis, pesante, in senso figurato). Maestro e guida spirituale. Per estensione, in ambito occidentale, persona autorevole, portatrice di un messaggio culturale o religioso, alla quale ci si rivolge per  libera scelta, per averne consigli e orientamenti di vita.



In un'accezione più larga, si definisce guru il capo e fondatore di una setta, della quale ha definito la dottrina, e di cui controlla psicologicamente gli adepti. L'esempio più celebre è L. Ron Hubbard, il fondatore diScientology



Nella figura del guru si condensano molte importanti contraddizioni del mondo di oggi; da una parte ci sono individui sempre più estranei alle tradizionali 'agenzie di sensò (come le Chiese cristiane, che un tempo prevedevano la figura del direttore spirituale, o i vecchi partiti), che chiedono consigli e motivazioni esistenziali, che cercano percorsi personali di emancipazione e di salvezza; dall'altra c'è un'offerta di 'sensò che spazia dai predicatori improvvisati e da truffatori e ciarlatani a sagge guide spirituali (che di solito mescolano  sincretisticamente temi delle religioni orientali), dai manipolatori professionali ai visionari apocalittici. 



I risultati del rapporto fra i singoli e i guru sono a volte armonici e positivi, ma spesso sono paradossali: la ricerca di libertà si rovescia in dipendenza, l'ideale di autonomia in ferrea disciplina, l'insegnamento in cinica strumentalizzazione dei bisogni psicologici e in pretesa di obbedienza, l'apertura dell'anima in chiusura settaria, l'arricchimento spirituale in bieco sfruttamento.



In ambito politico c'è nella figura del guru un elemento di opacità; il guru, qui, non è un capo riconosciuto e visibile, e quindi pubblicamente responsabile, ma è il consigliere più o meno segreto del capo, il professionista del marketing e della comunicazione (lo spin doctor) che manipola l'informazione a favore del potere, sia in generale per ottenere effetti specifici sull'opinione pubblica sia in particolare per controllare i militanti.  



Se poi il guru manipolasse e controllasse non solo i militanti ma perfino il capo di un partito o di un movimento, allora non sarebbe un guru ma un "puparo", il burattinaio che tiene i fili che fanno ballare tutti. Palese dimostrazione, attraverso l'esito contrario, del fatto che la democrazia esige tanto la trasparenza o la visibilità del potere, quanto individui autonomi, liberi, consapevoli, non troppo facilmente plagiabili e ingannabili. E del fatto che la protesta, la ribellione, se sono cieche e fideistiche, si trasformano facilmente, anche nei più sospettosi  -  che si credono dotati di spirito critico  -   in credulità. Non "popolare", come quella il cui abuso è punto dal codice penale (art. 661), ma populista.    


(10 settembre 2012)

Fonte: Repubblica.it

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C’è stata la Rai degli anni Ottanta, le trasmissioni di Pippo Baudo, gli spettacoli. Ma non è lì che nasce il segreto di Beppe Grillo. Se c’è una cosa che negli ultimi anni ha funzionato è stata quella di essere circondato anche lui da un cerchio magico.
Composto da una sola persona e una sola stretta: il cerchio inizia con la mano destra e finisce con quella sinistra di un signore sulla cinquantina che porta il nome di Gianroberto Casaleggio, uno dei massimi esperti di Internet in Italia, l’uomo che con la sua Casaleggio Associati ha inventato – praticamente a tavolino – il Movimento 5 Stelle. Uomo nell’ombra, vestito sempre in giacca e cravatta, ma con i capelli da freak, appassionato di fantasy, gran divoratore di fumetti, affascinato da Gengis Khan, il suo mito. Mangiatore di libri di storia, ne legge anche due al giorno. Un sognatore realista, un manager per se stesso e gli altri. Quando Grillo lo incrociò per la prima volta ne rimase affascinato, disse: “Questo o è un genio o è un pazzo”.
Bossi e l’Idv
Alla fine si convinse della prima ipotesi, visto che oggi Casaleggio è influente tanto su Grillo quanto sul Movimento 5 Stelle. L’unica persona che il comico-capopartito ascolta, l’unico che può provare aindirizzarlo. Attraverso il blog, ovviamente, creatura sua, nata nei suoi uffici di Milano e dove ancora oggi viene gestita e sviluppata.
È lui che porta in palmo di mano i piemontesi del movimento, perché “conservatori”, e mal digerisce i bolognesi e fiorentini, a suo avviso “anagraficamente comunisti”. D’altronde quando non è Grillo nelle piazze è il blog che diventa la Carta del Movimento, il codice al quale si deve far riferimento. Lì si sviluppano le idee. Chi ci sta è dentro, altrimenti prego andare.
Casaleggio non lo fa mai direttamente perché è un cerchio, e tale vuole rimanere, l’uomo del dietro le quinte, il ghost writer che spesso esiste senza esserci. Chiama Grillo e capisce se è il caso. Se lo è riesce a imporre la sua, altrimenti aspetta.
Nato con simpatie leghiste e bossiane, il suo incontro con Grillo avviene qualche anno fa, e dopo uno spettacolo. A quel tempo il Movimento non esiste, ma Grillo intuisce che dietro a quegli occhiali si nasconde una persona capace di vedere lontano. Casaleggio e la sua società nata nel 2004 e della quale è presidente e gestisce assieme a Enrico Sassoon, Luca Eleuteri, il figlio Davide Casaleggio e Mario Bucchich, curano nel frattempo il sito Internet dell’Italia dei Valori per la cifra di 700.000 euro all’anno. Ma Grillo lo vuole a tutti i costi solo per sé, ha intuito che può fare il salto di qualità. Così, nel 2010, si arriva alla rescissione del contratto con Di Pietro e da quel momento Casaleggio – che tra le società di cui cura il sito c’è anche la casa editrice Chiarelettere, cadoinpiedi.it   – può lavorare, almeno in campo politico, con Grillo e per Grillo a tempo pieno.
Un salto di qualità, non c’è dubbio . Non è un caso che da quel momento in poi, nonostante ci sia già stato il V-Day (e Casaleggio c’era, eccome, anche a quei tempi), Grillo diventa un fenomeno che spaventa la politica. Perché Casaleggio sa meglio di ogni altro in Italia come si applica la politica a Internet, o viceversa.
Il casting dei candidati
Con Grillo si sentono due o tre volte al giorno. Le strategie vengono pianificate al telefono, ma con minuzia e particolari. Andate a vedere gli spettacoli di Grillo: ci sono delle cose che il comico genovese che saprebbe improvvisare e molto bene, recita da copione. Perché sono le parole chiave che Casaleggio ha detto che funzionano.
Lo stesso discorso vale per coloro che diventano candidati del Movimento. Cosa dire con metodi efficaci, come dirlo, con quale espressione, viene “consigliato” negli uffici di Casaleggio, a Milano, dove alcuni candidati vengono istruiti in una full immersion comunicativa. “Un incontro di tre ore molto utile”, dice Federico Pizzarotti, il fenomeno che a Parma si è guadagnato il ballottaggio. “Ci ha spiegato come inserire i dati nel blog e qualche tecnica per essere più presenti nei motori di ricerca”, spiega Antonio Giacon, candidato a Budrio, anche lui al ballottaggio. “In alcuni casi per le aree metropolitane forse dice come lanciare i messaggi, ma noi siamo campagnoli, il suo apporto è stato minimo, qui non arriva nemmeno la banda larga”.
Il Fatto Quotidiano, 10 Maggio 2012