26 maggio 2012
“Votateli, loro sono voi e voi siete loro”. Queste le parole con cui Beppe Grillo invitava a votare, prima dei ballottaggi, gli esponenti del Movimento 5 Stelle. Concetto ripetuto
dall'ex comico dopo la vittoria di Pizzarotti nel capoluogo emiliano
“non ha vinto Pizzarotti a Parma, ma hanno vinto i cittadini di Parma”.
Agli occhi di Grillo, infatti, “Il Movimento 5 Stelle è uno strumento
che serve ai cittadini per amministrare loro stessi” e proprio per
questo la retorica politica dell'equivalenza tra cittadini e esponenti
del Movimento si fa muro maestro che regge l'intera struttura del
movimento. Cercare di analizzarla, pertanto, risulta essere davvero
interessante, visto che ci troviamo di fronte una nuova forza politica
che sta conquistando sempre più terreno nel consenso generale del Paese.
In Italia, l'uscita del libro di Stella e Rizzo, La Casta,
ha fornito all'indignazione popolare il giusto vocabolo da scagliare
contro i soprusi, le malefatte e le incapacità di quella mala politica
che ha governato il Paese negli ultimi vent'anni. Una genuina rabbia
sociale verso di essa ha, però, incrinato il patto sociale tra elettori
ed eletti, fino a separare gli uni dagli gli altri, con quest'ultimi
divenuti non più rappresentanti dei primi, ma dell'odiata casta.
Scrivendo ciò non voglio certo attutire le colpe e le
responsabilità di quella politica che, nonostante l'evidente difficoltà
economica e sociale di vari strati della popolazione, ha continuato a
gestire affari, privilegi e rendite di potere, quanto piuttosto
evidenziare come quella rabbiosa e giusta indignazione, non ricevendo
risposte politiche all'altezza, sia degenerata in una reazione emotiva che ha portato l'opinione pubblica a diffidare non solo della mala politica, ma dell'uomo politico in sé.
Ed è proprio qui che il concetto di Grillo, citato nell'incipit,
ha messo radici, classificandosi come quella retorica politica che, più
delle altre, è riuscita a cavalcare e impersonificare l'emotività
descritta, sovrapponendosi alla genuina e rabbiosa disillusione nei
confronti della cattiva gestione della cosa pubblica, con la finalità di
canalizzare tale disillusione in voti. Il rischio concreto, però, è che
sulla complessità della realtà si imponga una narrazione semplicistica e
inutilmente manichea.
Nel nostro caso, all'assolutizzazione in negativo della
figura del politico in sé, con la corruzione presentata come aspetto
inscindibile dell'apparato partito – a prescindere dalla
competenza e dall'onestà delle persone che lo compongono – viene
contrapposto il cittadino – unico elemento di libertà – che, elmetto in testa, deve riprendersi il proprio Paese, scardinando quel Sistema
corrotto e corruttivo che lo tiene al giogo delle cricche di potere,
per ottenere una partecipazione diretta alla democrazia. Insomma, una
vera e propria guerra tra il Male e il Bene, che va oltre i concetti di nuovo modo e vecchio modo di fare politica. Un esempio concreto si può riscontrare nell'iniziativa Vietato l'ingresso ai politici,
sponsorizzata dallo stesso Grillo, dove, per l'appunto, si professa
questa dicotomia - quasi antropologica - tra i cittadini e le “facce di
merda” dei politici.
In un Paese come l'Italia, dove la corruzione ha un costo per la collettività stimato dalla Corte dei Conti sui
60 miliardi di euro, dove ogni giorno c'è qualche azione di qualche
politico - o corrente di partito - che, nella propria incompetenza,
continua a essere sordo alle richieste di cambiamento che arrivano dalla
società, una retorica politica di questo tipo incontra facilmente il
consenso dell'opinione pubblica. L'appoggio civico intorno a essa, però,
non può certo coprirne la fragilità nel momento dello scontro con la
realtà e le sue variabili.
Ma siamo proprio sicuri,
infatti, che tale divisione etica tra cittadini e partiti sia l'unica
strada verso un reale cambiamento? Chi l'ha detto che il cittadino
rappresenti quest'oasi di libertà dentro un Sistema gerarchico e
verticistico?
Il caso
di Parma, in cui Federico Pizzarotti, neo sindaco del Movimento,
avrebbe informato Casaleggio - che con la propria società cura il blog
di Beppe Grillo - riguardo a una nomina nel Comune, non sgretola forse
tale visione? L'elettore potrebbe giustamente chiedersi se chi ha votato
prenda le decisioni in piena autonomia e in suo nome - "Votateli, loro
sono voi e voi siete loro" - o se per farlo si debba confrontare con
figure estranee al volere elettorale.
Può bastare veramente un metaforico elmetto per cambiare
la qualità della partecipazione civica in un Paese dove, ad esempio,
l'evasione fiscale sembra ormai una questione fisiologica del nostro background culturale? Non si rischia di ripercorrere l'idea presente nel manifesto del primo berlusconismo, secondo cui era sufficiente essere un outsider
dei partiti per incarnare un cambiamento? Quando, invece, abbiamo
appreso sulla nostra pelle che in questo modo non vengono considerate
tutte quelle dinamiche culturali che, nel corso degli anni, hanno
influenzato nel profondo i comportamenti, il linguaggio, la
quotidianità, dei cittadini, rendendoli non più soluzione ma parte del
problema, in un continuo oscillare tra convivenza e connivenza con il
degrado culturale di questo Paese e della sua classe dirigente?
Fonte: Valigia Blu