sabato 21 luglio 2012

Grillo, Twitter e i falsi follower "Più della metà sono robot"

Sui circa 600mila contatti del comico sul social network, il 54% sarebbero Bot, ovvero account automatizzati. Lo sostiene la ricerca condotta da Marco Camisani Calzolari, docente allo Iulm e fondatore della Digital Evaluation, società che si occupa di misurare il valore dei social media per aziende e personaggi famosi

Grillo, Twitter e i falsi follower "Più della metà sono robot"
 MILANO - Su Twitter Beppe Grillo può contare sul supporto di quasi 622mila follower, ma poco meno della metà sono persone reali. È questa la conclusione di uno studio, pubblicato dall'Ansa, condotto dal professore dello Iulm e imprenditore Marco Camisani Calzolari, fondatore di una società specializzata nella misurazione del reale valore dei social media per aziende e personaggi famosi, la Digital Evaluations. Uno smacco per il leader del MoVimento 5 stelle, cresciuto proprio grazie all'appoggio della Rete.

I dati fanno parte di una ricerca più ampia, di prossima pubblicazione, sugli utenti Twitter di partiti e leader politici italiani. Ben il 54,5% dei follower del comico approdato alla politica sarebbero infatti dei Bot, vale a dire degli account automatizzati, dietro ai quali non si muove una persona reale. E l'11,6% potrebbe esserlo. Quelli veri sarebbero solo 164.751, il 27,4% del totale. Il restante 6,3%, invece, sono account protetti, dei quali non si può cioè indagare.

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(19 luglio 2012)

 Fonte: La repubblica

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Quando i follower somigliano a dei robot

I dubbi delle aziende che investono su Twitter

Alcune società hanno fino al 45% di fan che non si comportano come esseri pensanti. "Sono inutili" spiega Marco Camisani Calzolari, autore della ricerca. Al primo posto in Italia c'è Treccani e tra le multinazionali spiccano nomi come Ikea e Vodafone

di GIULIANO BALESTRERI





Quando i follower somigliano a dei robot I dubbi delle aziende che investono su Twitter

MILANO - Definirli falsi è impossibile, ma di certo sono inutili. Almeno per le aziende che disperatamente cercano follower come l'acqua nel deserto. E in alcuni casi arrivano fino al 45% degli utenti, "ma si tratta di una stima prudente" racconta Marco Camisani Calzolari, professore di Comunicazione aziendale allo Iulm, e autore dello studio sul comportamento degli utenti sui social network.

Una ricerca dalla quale emergono dati interessanti: fino al 45% dei follower si comporta come un robot. Almeno nella ricerca di Camisani Calzolari: "Non possiamo essere certi che siano finti utenti, ma ne hanno le caratteristiche". Per esempio non hanno foto, non hanno nome, non hanno amici, non hanno mai scritto un post. Tradotto: fanno numero, ma sono inutili. In Italia la maglia rosa di questa speciale categoria spetta a Treccani con il 44,7% di "Bot", seguita da Librimondadori (42,8%) e Coinstore (42,6%). Ma il fenomeno non colpisce solo l'Italia. A livello globale il numero uno è DellOutlet (45,99%) seguito da WholeFoods (44,33%) e JetBlue (36,64%). Mentre tra le multinazionali attive nel nostro Paese vince Ikea (45,92%) seguita da Vodafone (38,77%) e 3Italia (35,8%).

La classifica italiana. 1

"A questi però - continua Camisani Calzolari - si devono aggiungere i protetti e gli incerti. Non a caso molto spesso gli utenti definiti umani sono sotto al 50%. Questo perché ci sono profili che non si possono seguire e altri che restano nel dubbio".

Il problema però dipende dal "mercato nero" della comunicazione online dove con pochi dollari si possono acquistare anche 50mila fan: "Molte delle aziende prese in considerazione - continua il professore - hanno delegato a terzi le attività di pubbliche relazioni sui social network. In alcuni casi i responsabili delle web agency o dei centri media hanno scelto scorciatoie per dimostrare alle aziende, a loro insaputa, che le attività hanno avuto successo portando tanti nuovi utenti. Io sono convinto che tutto si svolga all'insaputa dei manager, ma certo riapre il dibattito sul valore economico dei sottoscrittore".

E così dopo il flop della quotazione di Facebook 2 che in meno di un mese ha bruciato il 30% del proprio valore viene nuovamente ridimensionato il valore dei social network anche in considerazione delle ultime ricerche secondo le quali l'80% degli utenti non segue i consigli commerciali delle aziende: "In questo momento - prosegue Camisani Calzolari - c'è una sopravvalutazione del digitale. Ci si muove con logiche che fanno male al mercato. La corsa ai follower costa poco, ma è dannosa. Bisogna tornare alle origini. Costruendo delle piattaforte di proprietà delle aziende che permettano la condivisione e che usino i social network come cassa di risonanza. Oggi l'85% delle aziende non ha questa funzione".
(08 giugno 2012)
  Fonte: La repubblica 

Tra i commenti:

La scoperta dell'acqua calda. La stessa cosa l'aveva già detta un quindicenne inglese (molto ascoltato dalle aziende) 5 anni fa.
Inviato da Max Miecchi il 08 giugno 2012 alle 10:25

uno dei primi segnali dell'inevitabile declino dell'eccitazione intorno alle social networks. A mio avviso a breve subiranno un pesante ridimensionamento, andando ad allungare la lista delle cose che sono magari utili magari piacevoli ma che sono ben lungi dall'avere quella carica rivoluzionaria che una spece di isteria collettiva attribuisce sempre all' "Ultimo arrivato". -
Inviato da mau123 il 08 giugno 2012 alle 10:50

Che fosse necessaria niente meno che una ricerca per capire che una parta consistente di followers sono comprati mi stupisce, perché è evidente dopo un rapido sguardo. Spero che lo studio abbia evidenziato cose più interessanti, non riportate nell'articolo. Non condivido, peraltro, l'opinione di Camisani Calzolari secondo la quale il digitale sarebbe sopravvalutato. Il digitale non è nient'altro che un mezzo. Se usato bene, può dare ottimi risultati. Il problema vero sono le metriche, e nel digitale, come nell'off-line, quantità non significa qualità, e nemmeno efficacia della comunicazione. Su Twitter quello che conta non è il numero di followers, ma le interazioni, quelle vere, tra esseri umani. finché non si uscirà dalla 'logica dell salumiere', le campagne di comunicazione sul digitale non potranno che dare scarsi risultati.
Inviato da Simon Falvo il 08 giugno 2012 alle 11:27

Sono d'accordo con lo spirito dell'articolo. Vi sono numerosissimi casi di follower che usano il Network solo come mezzo per "condividere" foto qualunquistiche ed insignificanti o per condividere pensieri da " baci Perugina". Se uno cerca di stimolarli con scritti provocatori, fanno finta di niente e passano oltre. Non si riesce nemmeno ad insultarli. L'utilità del network è ridotta ad una mera passerella di stronzate inutili. Sono registrato su i due più conosciuti (FACEBOOK e TWITTER) ma non si riesce ad instaurare un dialogo con nessuno. Molti hanno paura di parlare di politica, molti hanno paura di....... parlare e moltissimi non hanno nulla da dire........ Ma le aziende non possono sperare di fare i loro affari sui Networks. Sarebbe meglio che investissero i loro soldi in altre attività di marketing più redditizie. Ma se lo scopo è quello di avere ottusi compratori che credono ciecamente a tutto quello che esse propongono ebbene questi sono quelli che fanno al caso loro.
Inviato da estrellas il 08 giugno 2012 alle 12:03

twitter non lo legge nessuno...la gente ti segue solo per essere seguita a sua volta a parte qualche raro caso... su facebook c'è più attenzione perchè manca il gioco del contraccambio
Inviato da Alessandro Mariani il 08 giugno 2012 alle 12:36

Sai che novità, già 10 anni fà impervano le "click farm", di solito società con base in Paesi poco sviluppati ma con forte alfebatizzazione informatica come India Pakistan, dove centinaia di addetti passavano ore a cliccare su banner e link indicati loro dai capi-area. Le "click farm" vendevano e vendono i loro servizi a Web agency o ADV agencies che intendono gonfiare i risultati delle campagne online vendute ai propri clienti. Che si aggiungessero anche i "social bots" mi pare non nuovo e prevedibile, visto che il loro sviluppo ed utilizzo primo risale già ai tempi del lancio di MSN (1996). Saluti.
Inviato da loveshock il 08 giugno 2012 alle 12:36

"In alcuni casi i responsabili delle web agency o dei centri media hanno scelto scorciatoie per dimostrare alle aziende, a loro insaputa, che le attività hanno avuto successo portando tanti nuovi utenti." Questione vecchia ormai. C'è tutta una serie di falsi professionisti del web che operano in questo modo e non solo con i social, ma per tanti altri aspetti, che peggiorano le vita anche a chi invece da certi trucchetti si tiene alla larga.
Inviato da Alessandro Ferrara il 08 giugno 2012 alle 13:05

Che mondo vuoto, si vende e si compra aria fritta
Inviato da ifrm0036 il 08 giugno 2012 alle 13:17

Quando i "Follower" e i "Mi Piace" somigliano a dei robot gli sforzi delle persone che investono su loro stessi in Twitter e Facebook sono inutili. Per questo il titolo Facebook in borsa è crollato ancor prima di decollare, è tutta aria fritta quello che circola nei Social Network, così è per le persone, e così è ancor più per le azienze.
Inviato da Lara Sebastianelli il 08 giugno 2012 alle 16:42

I social network oltre che una pura moda del momento (controlleremo come stanno fra 10 anni) sono una distorsione dell'uso di Internet. Internet e' comunicazione aperta tra utenti "pari ta di loro", ma "aperta", non dentro "giardinichiusi e recintati" come Facebook dove per entrare devi regalare i tuoi dati personali a chi poi li rivende facendoci profitto. E le aziende che credono che bisogna usare i social netowrk lo fanno solo per moda... che usino internet per "comunicare" e "dare servizi" ai loro clienti... e lo facciano SENZA usare i social netowrk. Ogni volte che vedo un'azienda, anche grande, fare attivita' che prevedono per la partecipazione l'uso di un social network, scrivo al loro servizio relazioni con la clientela che "1) non hanno capito nulla di Internet", "2) mi stanno discrimimando perche io non ho alcuna intenzione di usare i solcial network per comunicare con chissachi". :-) Mah... passeranno. Ve le ricordate le "isole private delle aziende" su Second Life ....
Inviato da claudioallocchio il 08 giugno 2012 alle 16:41
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Twitter, Grillo e i "falsi follower"
Quanto contano i numeri sulla Rete?

Il fondatore di M5S risponde al ricercatore Camisani Calzolari che ha pubblicato il suo studio sui "fan robot": "E' consulente di Berlusconi". Lui smentisce e spiega i criteri dello studio: "Individuati account che hanno comportamenti non umani". Ma è davvero così importante "quantificare" i rapporti in Rete?
di RAFFAELLA MENICHINI

Una truppa di (forse) "falsi" follower su Twitter contestati al "guru della Rete" Beppe Grillo da una ricerca firmata da colui - parole di Grillo - "'che ha realizzato il network ufficiale dei sostenitori di Berlusconi". Nel mezzo, un campo aperto di interpretazioni sul valore numerico dei "fan" e dei "follower" in politica, dove le teorie del marketing aziendale si mescolano con la comunicazione politica e l'efficacia della presenza e dell'interazione in Rete. Con queste premesse sul web è finita a duello tra Beppe Grillo e Marco Camisani Calzolari, docente di comunicazione aziendale e linguaggi digitali allo Iulm di Milano ed estensore di una ricerca 1(prima puntata su Grillo, ma sono in arrivo focus anche su altri politici) in cui si sostiene che oltre la metà dei circa 600mila profili Twitter che seguono il fondatore del Movimento 5 Stelle sono in realtà dei "BOT" - dei profili automatici non riconducibili a persone umane. Una forma di "spam" in realtà molto comune in Rete e ormai abbastanza studiata, che riguarda tutti (lo sa chiunque abbia un profilo Twitter), e probabilmente si moltiplica in modo esponenziale su profili di grande richiamo come può essere quello di Grillo, senza che lo stesso ne sia a conoscenza. O che avviene in modo sistematico, con acquisizioni "pilotate" - e pagate - di pacchetti di falsi utenti.

Grillo non ci sta, sul suo blog parla di "valutazioni false" e contrattacca sul piano personale, attribuendo alla ricerca un intento politico mirato: Camisani Calzolari, dice Grillo, "ha realizzato il network ufficiale dei sostenitori di Berlusconi, www.forzasilvio.it, per il quale è anche consulente per attività di comunicazione digitale", e per dimostrare la "vicinanza" dello studioso con Berlusconi, pubblica sul blog una sua foto insieme al Cavaliere, davanti a un computer.
[Nota di ControGrillo: Il solo fatto di rispondere con un attacco personale denota la malafede di Grillo oltre che la sua incapacità di dimostrare con i fatti che tutti i suoi followers siano persone reali. 
L'evidente incapacità di rispondere sul metodo in maniera pacata e tranquilla dimostra che Camisani Calzolari ha toccato un tasto dolente per Grillo e la Casaleggio Associati]

Camisani Calzolari respinge le accuse al mittente: "Io non ho creato forzasilvio. it e non sono consulente delle attività digitali, né del Pdl né di Berlusconi. Una delle mie tre aziende è in Italia e si chiama Speakage, produce solo software web e mobile, non si occupa di contenuti né di strategie. Naturalmente sono stato contento di acquisire un cliente grande come il Pdl, ma la mia attività di ricerca non c'entra nulla. Anche Ikea è tra i miei clienti, ma questo non ci ha impedito di pubblicare una ricerca da cui emergeva che è tra le aziende che ha il più alto numero di Bot 2". Quanto alla foto, "Ebbene sì, esiste una foto con Berlusconi quando mostravo al cliente il funzionamento della piattaforma che gli avrei venduto. Forzare il collegamento con Berlusconi è poco onesto da parte di chi lo fa. Da tutta questa polemica mi risulta che nessuno si sia preso la briga di smentire che ci siano possibili BOT. Sarebbe più corretto entrare nel merito del metodo della ricerca invece di sollevare inutili sospetti".

Eppure anche il metodo della ricerca ha sollevato perplessità. Il problema, notano alcuni esperti come l'epistemologo Paolo Bottazzini su L'Inkiesta 3, è che lo studio non segue criteri strettamente scientifici per decifrare la presenza dei Bot nella lista dei follower di Grillo: "Non indica nessun dato, né prelevato dagli Analytics di Twitter né fornito da una ricognizione fondata su interviste, per motivare la scelta. Twitter vanta oltre 500 milioni di utenti registrati, ma meno di 200 milioni sono 'utenti attivi' - cioè corrispondono al tipo di parametri indicati nella ricerca."

"Questo sistema non 'individua i Bot' ma account che hanno comportamenti da Bot - ribatte Camisani Calzolari - L'algoritmo è stato progettato da me e prende in considerazione numerosi parametri relativi al comportamento degli utenti, che possono essere ricavati interrogando i server di Twitter. All'interno del documento il procedimento è stato descritto in ogni sua fase. In sostanza, vengono pesati alcuni parametri attraverso l'assegnazione di punteggi 'comportamento umano' o 'comportamento BOT'. La somma dei diversi punti permette di inserire un utente in una categoria piuttosto che nell'altra. Il metodo scientifico richiede una verifica che in questo caso consisterebbe nel contattare i singoli utenti per verificarne fisicamente lo 'stato'. Essendo ciò impossibile, ho scelto la strada di un'analisi basata su dati certi, quelli prelevati da Twitter, che aggregati attraverso un algoritmo complesso, ma ben descritto nello studio, danno i risultati pubblicati".

Il sistema usato, spiega la ricerca 4, si basa su un algoritmo studiato per assegnare "punti" ai profili sulla base di alcuni criteri: ad esempio, la presenza di una foto nel profilo, l'accesso da diverse piattaforme, l'utilizzo di software come foursquare, la presenza di hashtag, link, punteggiatura, foto nei tweet, il fatto di essere ritweettati e di creare conversazioni. Nel caso di Grillo, un "BOT" addestrato a trovare i suoi simili su un campione random di 20mila followers (escludendo il 6,3 di account protetti) avrebbe rilevato un 54% di "presunti" altri "non umani". Conclusione: 327.373 follower di Grillo sarebbero profili falsi. Una "deduzione" per estensione da un campione random - per quanto numericamente più alto di un campione statistico normale, spiega il ricercatore - che però non convince molti analisti. Già i fornitori dell'algoritmo usato, come rileva l'agenzia di comunicazione Hagam 5, spiegano in questo post 6 i criteri della rilevazione ma raccomandano: "Non pensiamo che il sistema utilizzato riconosca infallibilmente i Bot e gli Umani – questo compito spetta ad una analisi fatta da analisti (umani) – ma è sicuramente in grado di riconoscere comportamenti “standard per un utente di Twitter attivo” e comportamenti “da strano o inattivo utente di Twitter”. L'analisi "umana", però, in questo caso sembra assente e - come rileva Fabio Chiusi 7- "come è possibile pensare che, se non ci riesce un essere umano, un algoritmo sia in grado di distinguere un Bot da un utente in carne e ossa?". Quanto alla volontarietà del profilo "gonfiato", nel caso di Grillo, nota l'esperto di marketing e comunicazione Pierluca Santoro, la curva dei followers degli ultimi mesi dell'account 8 non indica nessun picco tale da far "sospettare" campagne acquisti di finti followers. Anche se, spiega Camisani Calzolari, "chi fa attività di quel tipo - ovvero comprare pacchetti di follower - lo fa in modo costante nel tempo e non in un giorno solo, ma poche decine o centinaia alla volta e poi li fa crescere proporzionalmente". 
[Bisognerebbe però far notare che questo servizio di monitoraggio non dispone di informazioni precedenti al maggio 2012 in quanto prima non esisteva, ci sono cioè solo i dati riguardanti le ultime 1179 iscrizioni a Beppe Grillo su Twitter. 
Un pò poco rispetto al totale di 622mila follower per poter dimostrare che dietro tutte le iscrizioni ci siano persone umane]

Ma forse il problema non è tanto in numeri, pacchetti, BOT, ma nella confusione di piani tra i criteri di marketing "quantitativo" (che non valgono neanche più per le aziende per quanto riguarda la presenza sui social network) e quelli di valutazione della qualità della presenza online dei politici, e non solo loro. Camisani Calzolari sostiene che la sua ricerca è mirata proprio a "smascherare questa bolla": "Il numero di follower (o fan) non è assolutamente rappresentativo della popolarità di nessuno: ho già dimostrato che è possibile comprare migliaia di utenti con pochi dollari. Credo sia il tempo di ripensare alle strategie digitali, dando più valore al "peso" degli utenti e non al loro mero numero. Facebook e Twitter non aiutano di certo, perché per natura umana tendono a essere misurati attraverso il numero di utenti presenti". E se Grillo è stato portato in avanscoperta come "test case", per "tutti i politici che contano" è in arrivo un'analisi analoga, sia su Twitter che su Facebook (dove però verranno analizzati non la qualità degli account ma l'attività reale dei singoli utenti). Il ricercatore fa una previsione: "Il 2013 vedrà un grande ritorno ai siti personali e al rapporto diretto non intermediato dai social network di terzi". Oppure, senza rinunciare alla grande platea dei "social", basterebbe utilizzarli per fare comunicazione politica ricordando che la reputazione in Rete non si costruisce - o si distrugge - con i numeri, ma con la qualità delle relazioni e delle interazioni. E in questo i politici italiani - compreso Grillo - sembrano avere ancora molta strada da fare. (20 luglio 2012)
 
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I follower di Grillo sono falsi? Non è vero, ecco perché 

Paolo Bottazzini 

Secondo una ricerca di Marco Camisani Calzolari, docente allo Iulm, oltre il 50% dei follower di Beppe Grillo su Twitter è falsa. Lo scorso 8 giugno, Calzolari aveva già divulgato un’analisi simile relativa alle aziende, ma il criterio che usa è alquanto discutibile sul piano scientifico. Il problema infatti, scrive l’epistemologo Paolo Bottazzini, è proprio utilizzare un metodo coerente per individuare un follower falso, esattamente quello che la ricerca di Calzolari non fa.

[...]
Il bot, o robot, è un dispositivo automatico che viene associato ad un profilo Twitter e che simula il comportamento di un utente umano, con lo scopo di eseguire scraping dei contenuti (il prelievo e la copiatura dei dati degli altri utenti) e l’invio massivo di comunicazioni pubblicitarie.

Il 29 marzo scorso Incapsula ha diffuso uno studio in cui mostra che il 51% del traffico web non è generato dalla navigazione di esseri umani, ma dall’attività di bot che eseguono i compiti più vari, dall’obiettivo onesto di indicizzare le pagine (nel 20% dei casi), all’esecuzione di hacking, di scraping, di spamming nei commenti, e di spionaggio (nel restante 31%). I risultati dell’indagine sono ottenuti tramite una metodologia di rilevamento a campione: sono stati esaminati i dati di accesso di mille siti clienti della società, che vantano una media tra 50 e 100mila visitatori unici al mese. Naturalmente è possibile discutere se questo panel abbia le carte in regola per essere una rappresentazione statisticamente rilevante di tutto quello che succede su una Rete che include oltre 640 milioni di siti.

L’8 giugno scorso ha riscosso una certa risonanza mediatica la ricerca di Camisani Calzolari sui finti follower dei brand che hanno aperto un profilo su Twitter: Corriere e Repubblica hanno dato evidenza ai risultati della sua indagine. Secondo il professore dello IULM esistono marchi – italiani e internazionali – che hanno composto la loro corte di follower con iniezioni di bot fino al 45% del totale.

Il fatto che esistano falsi profili di follower, e che siano pure tanti, è un fatto ben noto a tutti coloro che lavorano nel meraviglioso mondo del digitale: basta cercare su Google «acquistare follower» per farsene un’idea. La questione che suscita perplessità nell’operazione di Camisani Calzolari è la pretesa di etichettarla come ricerca scientifica. Nella descrizione della metodologia di indagine (che si può leggere al quinto e al sesto foglio di questo paper) il professore spiega che per dare la caccia ai bot è stato usato un bot, al quale sono state consegnate delle istruzioni per distinguere tra i suoi pari e gli utenti umani.

Tra le caratteristiche del comportamento umano appaiono l’inserimento di un’immagine nel profilo, di un indirizzo fisico, di una biografia, l’aver scritto più di 50 post, avere almeno 30 follower, usare la punteggiatura e gli hashtag. Quando non si presentano caratteristiche come queste, il bot sospetta di essere in presenza di un collega. Va da sé che il problema risiede proprio nella formulazione dei parametri, visto che Camisani Calzolari non indica nessun dato, né prelevato dagli Analytics di Twitter né fornito da una ricognizione fondata su interviste, per motivare la scelta. Twitter vanta oltre 500 milioni di utenti registrati, ma meno di 200 milioni sono «utenti attivi» - cioè corrispondono al tipo di parametri indicati nella ricerca.
[...]

Fonte: Linkiesta

Tra i commenti:

Tra le caratteristiche del comportamento umano appaiono l’inserimento di un’immagine nel profilo, di un indirizzo fisico, di una biografia, l’aver scritto più di 50 post, avere almeno 30 follower, usare la punteggiatura e gli hashtag. Quando non si presentano caratteristiche come queste, il bot sospetta di essere in presenza di un collega.
...mi sembra che come inizio di scrematura tra bot ed humans possa andare bene...

Grillo sta usando questo articolo per dire che i suoi followers non sono falsi e non per contestare il metodo utilizzato per conteggiarli. E' da lui prendere un'informazione e rigirarla a suo favore e i suoi leccapiedi gli crederanno anche questa volta.

" ....l..Il fatto che esistano falsi profili di follower, e che siano pure tanti, è un fatto ben noto a tutti coloro che lavorano nel meraviglioso mondo del digitale: basta cercare su Google «acquistare follower» per farsene un’idea." come è scritto nel pezzo sopra.
Il problema non è quindi calcolare esattamente la percentuale di falsi, ma il fatto che un ambiente in cui ci siano così tanti falsi venga poi descritto come paradiso della democrazia e dell'"uno vale uno".
Cioè un robot uguale una persona, un troll uguale un profilo segreto e insondabile, un profilo acquistato uguale un profilo vero. Mi pare una enormità.
Il PROBLEMA è quindi di chi sbandiera questa falsa uguaglianza.

pietosa marchetta, basta usare il cervello.
Andate sul blog di Grillo e guardate quanti sono i commenti conteggiati.
Poi c'è scritto che ogni pagina contiene 250 commenti.
Contate le pagine, moltiplicate per 250 e confrontate con il numero totale di commenti dichiarati.
Sono ANNI che usa questi giochetti infantili per abbagliare i babbei.

vorrei inoltre ricordare che ci sono comunque profili 'fake' fatti benissimo, intendo con foto di accattivanti ragazze e bio scritte 'a caso' pescando da alcune parole chiave. e questi agli occhi dell'analisi, sembrerebbero tutt'atro che bot, quando in realtà lo sono. Tutto per dire che - appunto - l'analisi potrebbe esser anche per difetto, non solo per eccesso.
Se trovassimo un meccanismo per individuare automaticamente i bot, ci sono già le tecnologie per ricostruire account che son bot, ma che (anche ad un occhio umano) inizialmente e verosimilmente non apparirebbero come tali. Esistono già software per la creazione automatica di bot 'umanoidi'.
E ci sarà sempre mercato per questo tipo di operazioni fin quando non ci astrarremo dal feticistico attaccamento al numerino che va sotto la voce 'followers'.

Diciamo che il metodo Calzolari non distingue tra "bot" e "utenti inattivi" (ovvero tra account "falsi" e account "morti"), ma in entrambi i casi siamo di fronte a qualcosa che non si può di certo definire un follower reale. Quindi si potrebbe dire: dei follower di Grillo, solo circa la metà sono veri "utenti" di twitter nel senso che usano davvero la piattaforma, seguono i tweet, twittano e ritwittano. L'altra metà, sono account "zombie" (e ce ne sono un sacco, non solo follower di Grillo!) vale a dire: o bot, oppure gente che si è iscritta a twitter magari solo perché un amico gli ha detto che era "l'ultimo grido", ha followato grillo ed un paio di altri guru, poi si è stufato subito ed ha deciso di non ritornarci mai più nemmeno per inserire un'immagine di profilo o fare un twit. Ma continuerà, per sempre, a risultare come un suo follower - post mortem, mi verrebbe da dire. Sapere che metà del pubblico di Beppe Grillo (e di molti altri, infatti secondo me il problema principale è scoprire quale è la soglia "fisiologica" di utenti inattivi di un profilo grande come quello) è in realtà formata da persone, reali o no, che probabilmente non ha mai più aperto twitter in vita sua dopo avere fatto l'account, beh, questo è già piuttosto significativo.


Basta andare qui e magicamente ti compri i follower : http://intertwitter.com/
non c'è da stupirsi che uno come Grillo e il suo staff, che conoscono bene la rete, lo abbiano fatto. Grillo è un cialtrone a prescindere dal fatto che i suoi follower siano veri o falsi

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Rispondo alle osservazioni di Beppe Grillo pubblicate sul suo blog


Io non ho creato forzasilvio.it e non sono consulente delle attività digitali, né del PDL né di Berlusconi.
Una delle mie tre aziende è in Italia e si chiama Speakage, produce solo software web e mobile, non si occupa di contenuti ne di strategie, come facilmente verificabile presso il sito www.speakage.com.
Realizza piattaforme simili a quelle prodotte da WordPress o Joomla, che permettono alle aziende di costruirci un sito sopra e di creare contenuti. WordPress e le sue società collegate che offrono servizi sul loro CMS tuttavia non possono essere associato ai loro clienti. Sarebbe una forzatura… 

Speakage ha fornito nel 2008, come a decine di altri clienti nel mondo, la piattaforma al PDL, che l’ha usata per creare forzasilvio.it. Speakage non ha nulla a che fare con i contenuti e non ha alcun incarico relativo alle strategie che ci sono dietro.

In una ricerca analoga, presentata circa un mese fa, in cui sono state prese in analisi le aziende e non i politici, è emerso che il miglior cliente di Speakage, IKEA, era prima nella lista di chi ha più presunti “BOT”.
Capisco che in un Paese in cui gli intellettualmente onesti sono pochi sia difficile da credere, ma è evidente che se fossero ricerche basate su interessi avrei nascosto il nome di un cliente così importante…

Ebbene si, esiste una foto con Berlusconi quando mostravo al cliente il funzionamento della piattaforma che gli avrei venduto :)
Forzare il collegamento con Berlusconi è poco onesto da parte di chi lo fa…

Tuttavia da tutta questa polemica mi risulta che nessuno si sia preso la briga di smentire che ci siano possibili BOT.

Sarebbe più corretto entrare nel merito del metodo della ricerca invece di sollevare inutili sospetti.

Presso questo link è possibile scaricare la ricerca completa: http://www.camisanicalzolari.com/MCC-Twitter-Grillo.pdf

 Fonte: Camisani Calzolari

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[Nota di ControGrillo: Leggendo l'articolo di Repubblica.it, si potrebbe pensare che Fabio Chiusi stia difendendo Beppe Grillo, in realtà basta leggersi il post qui sotto per capire che  l'obbiettivo della  critica di Chiusi è l'idea che sta alla base di questa ricerca cioè l'assunto che possa essere la tecnologia a decidere se x è uomo o macchina

Critica cioè l'idea che la tecnologia o la macchina possano essere superiori all'uomo quando invece dovrebbe essere sempre evidente che esse senza l'uomo sono nulla

La stessa idea (la tecnologia è superiore all'essere umano e può slegarsi da esso - vedi la storiella degli human avatar) che è cioè alla base delle idee politiche di Beppe Grillo e Casaleggio Ass.: l'idolatria del tecnicismo (proprio quel tecnicismo che troviamo nel governo Monti, adorato dai mercati finanziari e dai grandi capitalisti); l'idea che i programmi siano superiori agli uomini e che non è importante chi li applica (cioè chi si vota) nè se questi programmi siano stati elaborati da calcolatori (privi di sentimenti e incapaci di contestualizzare) e non da umani; come anche l'idea che la tecnologia sia la panacea di tutti i mali e che internet sia la soluzione di tutti i problemi.

Come la tecnologia diventa responsabile di tutto quello che è positivo, così lo diventa anche di tutto quello che è negativo. Chiusi evidenzia una mancanza di scetticismo nelle possibilità offerte dalla tecnologia e una sempre più forte mancanza di fiducia nell'essere umano e nelle sue capacità.
Inutile dire che in questa mancanza di fiducia verso se stessi e gli altri Grillo e Casaleggio Ass. ci sguazzano.

Ecco, qui è la critica di Fabio Chiusi e noi ci troviamo perfettamente d'accordo. La Repubblica o non l'ha capito o ha fatto finta di non capirlo].





Uomini e bot

Parli di «determinismo tecnologico», e sembra una nozione astratta. Di quelle che, in soldoni, non significano nulla al di fuori dei circoli accademici: senza impatto sulla vita reale. Poi nel giro di poche ore ne riconosci i contorni nel modo in cui vengono interpretati due fatti di natura completamente diversa, e non ti resta che immaginare in che modo questa stortura del pensiero – per cui sarebbe la tecnologia a decidere dei nostri destini, costringerci ad agire in un certo modo o dirimere questioni che a noi umani sono precluse; insomma, a venire prima dell’uomo – potrebbe non avere conseguenze pratiche. 
Il primo è lo studio che dimostrerebbe che più di metà dei follower di Beppe Grillo sia «probabilmente» un bot, e non un umano. 
Nel primo caso, non ci sono soltanto dubbi metodologici (cosa giustifica, per esempio, l’inferenza ‘Il 54,4% del campione casuale di 20 mila follower di Grillo da me studiato è probabilmente un bot e non un umano, quindi la stessa percentuale vale sul totale della popolazione, cioè 600 mila follower?), ma anche e soprattutto ontologici, come mi ha fatto notare Matteo Pascoletti – e come argomenta un bel pezzo di Riccardo Puglisi su Linkiesta: come è possibile pensare che, se non ci riesce un essere umano, un algoritmo sia in grado di distinguere un bot da un utente in carne e ossa? Si prenda l’esempio fornito dall’esperienza, limitata ma significativa, di Caterina Policaro. Che dimostra molto concretamente che ci siano umani che non si comportano come tali, e secondo le categorie dello studio. Come quantificare quanti siano, su un profilo da 600 mila follower? Soprattutto, come incorporarlo in un algoritmo? Mistero. Molto chiaro è invece l’assunto: la tecnologia decide se x è uomo o macchina. Che il dubbio che sia una premessa errata – o anche, un orrore ontologico – non abbia nemmeno sfiorato il professor Camisani Calzolari, autore della ricerca, la dice lunga sul grado di sudditanza psicologica dell’uomo alla macchina raggiunto perfino in ambienti accademici. Eppure è questa premessa metafisica a inficiare dalle fondamenta l’impalcatura malamente eretta nello studio. 
Uscendo dai confini dell’accademia, lo stesso ragionamento si può applicare al commento a caldo di Gad Lerner alla strage di Denver. Cosa lega i massacri di Utoya, Bulgaria e Colorado? Lerner non ha dubbi: «Il denominatore comune si trova nella tecnologia che rende facile perpetrare una strage e ti consente di immaginarla prima, pianificandola su uno schermo in cui crei la tua realtà virtuale, proprio come ha fatto il norvegese Breivik». Insomma, «Il videogioco degli omicidi di massa», scrive Lerner, come se a uccidere non fossero stati individui in carne e ossa ma i loro avatar, usando joystick e non fucili. E come se fosse in qualche modo la tecnologia a decidere per l’assassino: lo ha potuto visualizzare, ne ha potuto definire i contorni in un contesto ludico, quindi la tecnologia è quantomeno corresponsabile del massacro – a prescindere dagli inesistenti riscontri scientifici sul legame tra violenza e videogiochi violenti. Niente di molto dissimile dall’attenzione sproporzionata ottenuta sui giornali italiani dall’ipotesi – subito sfumata – che voleva l’assassino indossasse la maschera del nemico di Batman, Bane (che sia colpa dei fumetti, dunque?). Lo chiamo «determinismo tecnologico», perché mi sembra la formula più efficace. Ma, più in generale, si potrebbe chiamare «ricerca del capro espiatorio». O «del Salvatore», a seconda delle circostanze. Il meccanismo è lo stesso: non mi riesce con le mie sole forze, ma sono «ragionevolmente» certo che ci riuscirà la macchina; non l’avrei fatto con il mio solo giudizio, ma l’autorità della voce della macchina mi ha convinto che, tutto sommato, non avevo scelta. Non c’è solo il sensazionalismo mediatico, dunque: c’è anche un deficit di scetticismo – di sano scetticismo – nei confronti della macchina. E di fiducia, che si traduce in assunzione di responsabilità quando sia tradita, nei nostri.

Fonte: Il Nichilista