mercoledì 11 luglio 2012

Grillo e la democrazia 2.0: un posto per la censura lo si trova

di Simone Olivelli
 
Scrivere, in poco più di due giorni, tre articoli su Beppe Grillo non era un fatto che avevo pianificato e per certi aspetti neanche auspicato. Tuttavia, considerate le molteplici facce con cui può presentarsi l’imprevedibilità, non c’è da stare troppo a pensarci su.

Ciò su cui, invece, credo convega discutere riguarda un episodio verificatosi anch’esso per caso, ma che nella sua natura di accadimento privato potrebbe celare spunti per una riflessione di più ampio respiro. Anche perché, probabilmente, non si è trattato della prima volta e neanche dell’ultima.

Ma andiamo al sodo: cosa è successo?

E’ capitato che questo pomeriggio – curioso di constatare quali fossero gli animi all’interno del Movimento 5 Stelle, dopo l’euforia dei successi elettorali ottenuti alle recenti amministrative – decidessi di navigare tra le pagine del noto blog di Grillo, ovvero il balcone virtuale da cui il leader del Movimento si affaccia, con cadenza quasi quotidiana, per rivolgersi ai propri sostenitori.

Dopo aver letto un post sulla necessità di eliminare i finanziamenti pubblici ai partiti, impedendo altresì anche «ai concessionari dello Stato e a chi partecipa alle aste pubbliche» di elargire somme di denaro a sostegno delle forze politiche, la mia attenzione è stata attratta dalla sezione dedicata ai commenti dei lettori, vero fulcro di quella comunicazione orizzontale a cui Grillo fa spesso riferimento per sottolineare la democraticità che caratterizzerebbe intrinsecamente i nuovi media.

Colto anch’io dal vento della modernizzazione e di quella libertà – parola che in Italia ricorda più che altro la metà del nome di un partito che di liberale, a conti fatti, ha sempre avuto ben poco – ho pensato di dare il mio contributo inserendo il link all’articolo pubblicato ieri.


Certo, non trattava come argomento principale il tema dei finanziamenti ai partiti, ma è anche vero – o almeno così ho creduto – che per discutere degli effetti che la figura di Grillo potrà avere in futuro sul Movimento 5 Stelle, luogo migliore della casa virtuale del ‘grillinismo’ non ci sarebbe potuto essere.

Compilate le aree di identificazione (nome, indirizzo e-mail, sito web) e consapevole della possibilità di poter andare incontro a reazioni piccate, condite magari dai toni ‘frizzanti’ con cui generalmente i lettori del blog usano esprimersi, in una sorta di emulazione di quelli usati dallo stesso comico genovese, ho scritto:

Salve a tutti,
mi permetto di linkare un articolo sul rapporto tra Grillo e i sostenitori del Movimento 5 Stelle, auspicando un confronto civile se lo si riterrà opportuno.
Saluti
Link [...]

Dopo aver controllato che tutto fosse a posto, ho cliccato sul tasto Invia e il sito, automaticamente, mi ha rimandato alla pagina in cui, con fare amichevole e gentile, mi veniva comunicato il gradimento dello stesso Grillo – o almeno così si dedurrebbe dall’uso del ‘tu‘ – per la mia scelta di partecipare con un mio contenuto originale.

Poche decine di secondi ancora, ovvero il tempo di confermare via e-mail la paternità del mio commento, e finalmente anche io vedevo concretizzata la possibilità di partecipare alla politica 2.0. Ode al web, alla libertà, alla riscoperta della democrazia e – diciamolo – grazie anche a Grillo!

Pausa.

Per comprendere quel che è accaduto pochi minuti dopo, bastano poche parole: lo staff che assiste il leader del Movimento ha di fatto cancellato il commento, in un tempo inferiore a quello impiegato da Grillo per inventare un nuovo epiteto ingiurioso, mandando di conseguenza in frantumi il mio entusiasmo di cittadino attivo, ma soprattutto riportando al centro della discussione – personale, per l’amor del cielo e della censura! – la questione riguardante le considerazioni da fare circa l’agire politico di colui che, nonostante si sia eretto a paladino dei puri di cuore e di intelletto, si è dimostrato più volte refrattario alle più comuni pratiche democratiche e liberali. Il contraddittorio, la critica e il dissenso, su tutte.

L’aneddoto appena descritto non avrebbe costituito – è triste dirlo, ma è così – motivo di indignazione se a rendersi protagonista di quanto accaduto fosse stato l’entourage di uno a caso tra gli esponenti di quei partiti che negli anni si sono dimostrati – per vicende ben più pregnanti di quella riguardante la censura di un commento su un blog – pronti a chiudersi a riccio e a passare con fare disinvolto su quanto previsto dall’articolo 21 della Costituzione; con l’unico obiettivo di difendere i propri privilegi.

La vicenda però acqusisce, per forza di cose, un altro peso nel caso in cui un episodio così deprecabile avviene nel cuore di quello che promette di essere il laboratorio della nostra futura democrazia.

 maggio 10, 2012