di Monica Fontanelli
Alle
scorse elezioni comunali di Bologna e alle regionali ho votato il
Movimento 5 Stelle. Leggo i post di Grillo da anni, e ho visto nel
Movimento una “speranza” per il nostro Paese. La scorsa primavera ho
deciso di partecipare attivamente alle riunioni dello stesso. Avevo
ovviamente letto il programma nazionale e ne condividevo i contenuti.
Sono insegnante e mi interessano molto quelli inerenti alla scuola. Ci
lavoro da quasi 30 anni e la demolizione della scuola pubblica portata
avanti dalla Gelmini, la circolare Limina in Emilia Romagna che invitava
i dirigenti scolastici ad assumere provvedimenti disciplinari nei
confronti degli insegnanti che avessero preso posizioni pubbliche
critiche nei confronti della Riforma, la situazione sempre più
drammatica del nostro Paese con la crisi economica affrontata con i
tagli allo Stato sociale, hanno suscitato in me la necessità di assumere
un impegno civile diretto.
Entrata nel Movimento ho organizzato
il gruppo scuola, ho partecipato alle manifestazioni di protesta contro
la riforma, convinta che il Movimento ne condividesse i contenuti. Come
gruppo scuola, del quale ero la coordinatrice, abbiamo presentato un
documento nel quale è stata analizzata l’attuale situazione della scuola
pubblica e si chiedeva al Movimento di assumere una posizione chiara
rispetto alla politica scolastica del Governo. Pochi e chiari principi:
difesa della Scuola pubblica e conseguente NO alla riforma, laicità
dello Stato e conseguente richiesta di abolire i finanziamenti alla
scuola privata. Abbiamo chiesto al Movimento di approvarlo. Non è stato
possibile. La risposta del Movimento è stata l’ostracismo. Di scuola non
se ne parla o, se si è costretti a farlo, comunque non si assume una
posizione, perchè all’interno del Movimento le posizioni sono diverse,
inconciliabili e, per non allontanare nessuno, meglio far “finta di
niente”, meglio discutere di cose più semplici. Il Movimento nei fatti
non assume alcuna posizione sulla riforma della scuola, come non ne
assume su moltissimi argomenti che riguardano il “sociale” e le
politiche economiche di chi ci governa.
Poco per volta mi sono
resa conto che il Movimento non è ciò che viene descritto da Beppe
Grillo: il programma nazionale e lo stesso nome di Beppe servono solo
come “specchietto per le allodole”, per attirare i voti di chi non ne
può più dell’attuale classe politica, dei suoi privilegi e della sua
incapacità di dare risposte credibili ai problemi del Paese. Il
Movimento è eterogeneo, composto da persone che cavalcano la tigre della
protesta e che affrontano solo argomenti “facili” sui quali
convergere. Quando si parla di piste ciclabili, o di spazi verdi nella
città, o di diminuzione dei costi della politica, di raccolta
differenziata, di nucleare… è facile trovare una convergenza di idee e
di proposte.
Diverso invece è assumere posizioni politiche
rispetto alla riforma Gelmini, al finanziamento alla scuola privata,
alla laicità dello Stato, ai diritti delle coppie di fatto, alla legge
194 sull’aborto, al problema ormai drammatico della casa, del
precariato, all’accordo di Pomigliano, che non è un fatto isolato nel
Paese, ma rappresenta il tentativo di togliere sempre più tutele ai
lavoratori in tutto il Paese. Su queste e altre problematiche il
Movimento non è in grado di prendere una posizione, perché al suo
interno ci sono persone con idee spesso contrapposte: vi sono
conservatori e “orfani della sinistra”, laici e cattolici integralisti,
uniti nella “protesta”, nei facili luoghi comuni, ma incapaci di avere
un progetto realistico e coerente di più ampio respiro.
Uno dei
loro motti preferiti è che non sono un partito, non sono una casta. A
mio modo di vedere sono molto peggio: “uno vale uno” è in realtà solo
uno slogan. Nelle assemblee si decidono solo alcuni aspetti, per lo più
organizzativi, per il resto c’è un’oligarchia che decide per tutti: sono
gli eletti e i loro stretti collaboratori. In questi mesi trascorsi nel
gruppo l’assemblea non ha deciso nulla di rilevante dal punto di vista
politico. Sono gli eletti Favia e De Franceschi che assumono in totale
autonomia qualsiasi decisione politica a nome del Movimento.
Quando
ho chiesto di discutere in assemblea di alcune problematiche, come il
finanziamento dato alla fine di luglio dalla Commissaria Cancellieri
alle scuole private a Bologna, l’adesione alla manifestazione in difesa
della scuola pubblica indetta a Reggio Emilia il nove ottobre scorso,
la discussione sull’eventuale nomina alla presidenza della Commissione
Pari Opportunità in Regione di Silvia Noè, l’accordo di Pomigliano e la
necessità di assumere una posizione politica in difesa dei lavoratori,
non ho mai ricevuto risposta.
Formalmente non rispondono,
lasciano decadere, non ne parlano, così possono fingere di essere tutti
d’accordo, così possono coesistere nel movimento posizioni spesso
contrapposte, intanto gli “eletti” decidono per tutti, perché loro sono
i “portavoce” del Movimento. Bell’esempio di democrazia! Ieri sera
l’ultima “farsa”: i Consiglieri Regionali in assemblea pubblica hanno
presentato un bilancio politico ed economico dei primi sei mesi in
Regione, hanno “rimesso il proprio mandato nelle mani dei cittadini”,
quindi c’è stata una votazione al fine di confermare o meno la “fiducia”
a Favia e a De Franceschi.
Nessuna possibilità di porre domande
ai Consiglieri, di discutere veramente su ciò che è stato o non è stato
fatto. Una votazione plebiscitaria, ad alzata di mano, nella peggiore
tradizione dei peggiori partiti. Uno “spot di propaganda”, non uno
strumento di democrazia, una “trasparenza” di facciata.
Un’autoesaltazione del proprio operato e una continua denigrazione di
ciò che fanno “tutti gli altri”, questo è stato, in una povertà di
contenuti e progetti reali davvero impressionante. Stupefacente
scoprire, tra l’altro, che il denaro proveniente dagli stipendi
regionali dei Consiglieri (l’Assemblea ha deciso per loro un compenso di
2500 euro mensili) non viene gestito dal Movimento stesso, ma dai
Consiglieri che trattengono l’importo dovuto nei loro conti correnti
personali! E questo sarebbe un approccio nuovo alla politica?
Per
non parlare della chiusura totale che mostrano rispetto a tutte le
altre realtà culturali presenti a Bologna. Nessun confronto e nessuna
alleanza, questo a prescindere da possibili convergenze, perché solo
loro sono portatori della “verità” grillina. Intanto, per le prossime
comunali questo Movimento così aperto alla società civile, così diverso
dagli altri partiti avrà un candidato sindaco alle prossime
amministrative autocandidatosi e scelto da chi? Dagli elettori che lo
indicano in base ad un programma? No, scelto nel chiuso dell’assemblea
degli attivi, e solo da chi risulta essere attivo alla data del 30
settembre 2010, scelto quindi da poche persone nella peggior tradizione
dei partiti.
Criticano i partiti, non accorgendosi però di
essere ancor peggio degli stessi, perché non vi è alcuna reale
democrazia all’interno. E chi “osa” far presente certe incoerenze viene
visto immediatamente come un “nemico”, qualcuno da isolare. E così vanno
avanti senza prendere mai alcuna posizione chiara, convinti come sono
che tanto saranno premiati elettoralmente in ogni caso: gli elettori
voteranno sulla base di quello che dice a livello nazionale Grillo, il
voto di protesta continuerà ad esserci e solo questo conta. Lo stesso
atteggiamento in fondo che ha la Lega: parlare facile, per slogan
comprensibili ed efficaci, nient’altro. Far credere che vi sia un
programma nazionale condiviso, far credere che il movimento rappresenti
una novità, una possibilità di riscatto del Paese, parlare alla “pancia”
delle persone, glissare su tematiche qualificanti perché una posizione
chiara allontanerebbe qualcuno: l’importante è prendere voti da tutti,
da destra e da sinistra perché loro sono “sopra” volano “alti”. Parole
prive di un reale significato, solo vuoti slogan di propaganda: come la
Lega appunto.
Povertà culturale, intellettuale, politica.
Inaccettabile quando da movimento di protesta si decide di entrare nelle
Istituzioni, si decide di proporsi come forza che deve amministrare le
città, le regioni e forse domani il Paese. Per farlo bisogna avere delle
idee, occorre avere il coraggio di assumere posizioni politiche, di
fare scelte chiare, condivise non solo dagli “eletti” ma dal Movimento
intero e soprattutto uscire dalla facile ottica della protesta e degli
slogan ad effetto, occorre occuparsi dei problemi reali dei cittadini e
prendere posizioni chiare esponendo le proprie idee e cercando di
aumentare il consenso per questo più’ che per le invettive contro gli
altri.
Per questi motivi lascio il Movimento, per la mancanza
totale di democrazia all’interno, per la povertà di contenuti. Lascio il
Movimento perché non voglio rendermi complice dell’inganno che stanno
perpetuando verso gli elettori: a parole sostengono il programma
nazionale di Grillo, nei fatti approfittano del suo carisma per ottenere
facili voti di protesta ed iniziare la propria personale “scalata” alle
Istituzioni. Non ci sto. I partiti non mi piacciono, ma il Movimento
non è ciò che appare: non c’è democrazia all’interno, non ci sono idee
che non siano quelle “facili” e scontate che la stragrande maggioranza
delle persone può condividere, non c’è un progetto serio di società,
solo slogan.
Un Movimento a parole di tutti, nei fatti solo di
pochi.
(6 dicembre 2010)
Fonte: Micromega